L’intimità digitale può essere violata? Il Revenge porn

In Italia si sente parlare sempre più spesso di Revenge porn, attraverso la diffusione mediatica di tutti quei fatti di cronaca che raccontano il realizzarsi di condotte che rientrano nell’alveo del penalmente sanzionato da questa nuova fattispecie di reato.

Come detto, avrete sicuramente sentito parlare di Revenge porn ma siete sicuri di sapere davvero di cosa si parla quando si cita il Revenge porn? In questo articolo spiegherò in modo dettagliato di cosa si tratta.

Per Revenge porn si intende la diffusione illecita di immagini o video sessualmente espliciti.

Per semplificare, si tratta della diffusione, anche con l’utilizzo del dispositivo elettronico, di immagini o video sessualmente espliciti, realizzati con il consenso dell’interessato, che vengono diffuse senza però avere il consenso della vittima e condivise, dunque, senza alcuna autorizzazione da parte del soggetto ripreso, il quale viene violato nella privacy, nella reputazione e nella dignità.

Nel nostro ordinamento il “Codice rosso” innova e modifica la disciplina penale e processuale della violenza domestica e di genere, corredandola di inasprimenti di sanzione (Legge n. 69/2019) ed eleva a rango di fattispecie di reato il Revenge porn previsto e punito dall’art. 612 ter del codice penale.

Revenge porn: cos’è e cosa prevede l’art. 612 ter c.p.?

Il delitto di diffusione illecita di immagini o video sessualmente espliciti senza il consenso delle persone rappresentate (cd. Revenge porn), è punito con la reclusione da uno a sei anni e la multa da 5 mila a 15 mila euro: la pena si applica anche a chi, avendo ricevuto o comunque acquisito le immagini o i video, li diffonde a sua volta per provocare un danno agli interessati.

La condotta può essere commessa da chiunque, dopo averli realizzati o sottratti, diffonde, senza il consenso delle persone interessate, immagini o video sessualmente espliciti, destinati a rimanere privati. La fattispecie è aggravata se i fatti sono commessi nell’ambito di una relazione affettiva, anche cessata, ovvero mediante l’impiego di strumenti informatici.

Questo significa che il reato di cui all’art. 612 ter c.p. viene commesso non solo da chi è in possesso delle immagini o dei video sessualmente espliciti ma anche da chi, ricevendoli, a sua volta li diffonde senza, ricordiamolo, l’autorizzazione della vittima.

Qual è la pena prevista per il reato previsto e punito dall’art. 612 ter c.p.?

Nello specifico, il testo dell’articolo 612 ter c.p. recita quanto segue:

“Salvo che il fatto costituisca più grave reato, chiunque, dopo averli realizzati o sottratti, invia, consegna, cede, pubblica o diffonde immagini o video di organi sessuali o a contenuto sessualmente esplicito, destinati a rimanere privati, senza il consenso delle persone rappresentate, è punito con la reclusione da uno a sei anni e la multa da 5.000 a 15.000 euro.

La stessa pena si applica a chi, avendo ricevuto o comunque acquisito le immagini o i video li invia, consegna, cede, pubblica o diffonde senza il consenso delle persone rappresentate al fine di recare loro nocumento.

La pena è aumentata se i fatti sono commessi dal coniuge, anche separato o divorziato, o da persona che è o è stata legata da relazione affettiva alla persona offesa ovvero se i fatti sono commessi attraverso strumenti informatici o telematici.

La pena è aumentata da un terzo alla metà se i fatti sono commessi in danno di persona in condizione di inferiorità fisica o psichica o in danno di una donna in stato di gravidanza.

Il delitto è punito a querela della persona offesa. Il termine per la proposizione della querela è di sei mesi. La remissione della querela può essere soltanto processuale. Si procederà tuttavia d’ufficio nei casi di cui al quarto comma, nonché quando il fatto è connesso con altro delitto per il quale si deve procedere d’ufficio”.

Già leggendo il testo della fattispecie di reato si comprende la gravità delle condotte punite che ledono non soltanto il pudore e l’intimità psico-fisica della vittima ma, anche e non meno importante, la dignità, il decoro e la privacy, interessi che vengono lesi dalla diffusione non autorizzata di immagini o video sessualmente espliciti.

Il pregio dell’introduzione di questa nuova fattispecie di reato si deve alla L. 69/2019 il c.d. “Codice Rosso” grazie al quale molte condotte relative alla violenza di genere sono state elevate a rango di reato per fornire un’adeguata tutela a tutte le donne vittime di episodi di violenza.

L’art. 612 ter c.p. si occupa non solo di delineare in modo dettagliato quali sono le condotte che rientrano nell’alveo del penalmente rilevante ma prevede, altresì, una serie di aggravanti che incidono sulla pena base e che si realizzano in determinate condizioni.

Si tratta dei casi in cui la diffusione illecita di immagini o video sessualmente espliciti siano commessi dal coniuge, anche separato o divorziato, o da persona che è o è stata legata da relazione affettiva alla persona offesa ovvero se i fatti sono commessi attraverso strumenti informatici o telematici.

La pena è aumentata da un terzo alla metà se i fatti sono commessi in danno di persona in condizione di inferiorità fisica o psichica o in danno di una donna in stato di gravidanza.

Queste sono tutte ipotesi in cui la vittima si trova o si sia trovata sentimentalmente legata all’autore del reato il quale approfitta di questa circostanza per diffondere immagini o video sessualmente espliciti di cui è in possesso proprio per il legame con la vittima oppure nel caso in cui si tratti di persona che si trovi in stato di inferiorità psichica o in stato di gravidanza che, trovandosi in stato di minorata difesa, non può approntare da sola un’adeguata tutela.

Si può concludere affermando che il Revenge porn realizza delle condotte che possono comportare delle lesioni non solo agli interessi primari di cui ho ampiamente parlato nel corso di questo articolo ma, purtroppo e l’opinione pubblica ne è a conoscenza, può sfociare in episodi di tentativo di suicidio o addirittura in suicidio se si tratta di vittime deboli che non riescano a tollerare l’onta della vergogna che li investe.

Se sei stato vittima o conosci qualcuno vittima di questo reato, contattami immediatamente; insieme valuteremo la migliore strategia difensiva per la tutela da queste condotte.

Revenge porn e querela: la nuova tutela contro la violenza di genere

È ormai noto come la violenza contro le donne, fisica o psicologica, possa manifestarsi con diverse modalità, che si evolvono di pari passo con la società.

Di qui la necessità di tutela, a contrasto di fenomeni nuovi, che trovano terreno fertile in rete e che, grazie alle nuove tecnologie, assumono talvolta proporzioni abnormi divenendo incontrollabili.

Come descritto con questo articolo di blog, il Revenge porn previsto e punito dall’art. 612 ter c.p. ha avuto il pregio di predisporre una serie di condotte che se realizzate vengono punite con sanzioni e pene elevate, inasprite proprio per garantire e cercare di scoraggiare coloro che si rendano protagonisti della realizzazione di questi fatti.

Il tema è di forte attualità e come spesso accade, nel nostro paese si è ricercata una tutela specifica proprio in seguito al verificarsi di tragici fatti di cronaca collegati al fenomeno del Revenge porn.

In questi giorni, infatti, i media si sono occupati di questo fenomeno e si cerca di trovare una soluzione per fare in modo che le vittime non si trovino a dover fare i conti con questa triste realtà.

Il delitto è punito a querela della persona offesa. Il termine per la proposizione della querela è di sei mesi. La remissione della querela può essere soltanto processuale. Si procederà tuttavia d’ufficio nei casi di cui al quarto comma, quando i fatti sono commessi in danno di persona in condizione di inferiorità fisica o psichica o in danno di una donna in stato di gravidanza, nonché quando il fatto è connesso con altro delitto per il quale si deve procedere d’ufficio.

L’ampliamento delle previsioni normative a contrasto della violenza di genere e l’introduzione di nuove fattispecie di reato sono strumenti doverosamente messi a disposizione delle donne per assicurarne la tutela e la protezione.

Purtroppo, siamo consapevoli del fatto che nessuna di queste misure poste a tutela delle donne vittime di violenza di genere sarà efficace fin quando non si assisterà ad una vera e propria rivoluzione culturale.

Si pensi a tutte le disuguaglianze che le donne sopportano quotidianamente anche nell’ambito lavorativo, attraverso l’oggettificazione del corpo svilendo la figura e la posizione che la donna riveste e rappresenta all’interno della società fino ad arrivare alla dimensione economica e familiare dove si assiste ancora ad episodi di violenza proprio perché si tratta di figure femminili.

In conclusione, si può affermare che il Revenge porn è un reato molto grave che tutela la libertà personale e morale della vittima.

Se sei l’indagato, già durante le indagini preliminari, è possibile che venga applicata una misura cautelare se sussistono le esigenze cautelari previste dalla legge e la fattispecie prevede la possibilità, qualora sussistano i presupposti, di applicare anche la misura della custodia cautelare in carcere.

Se sei la vittima è invece necessario che tu sappia esattamente cosa fare, sia per presentare l’atto di denuncia/querela sia per il successivo processo.

Per questo motivo, qualsiasi sia la tua posizione, è necessario che tu ti rivolga quanto prima ad un Avvocato penalista che sappia guidarti nella scelta della giusta strategia difensiva.

Se sei indagato per aver commesso il reato di Revenge porn o un altro reato contro la persona, oppure ne sei vittima, contattami per definire insieme la migliore strategia difensiva da adottare.

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